martedì 5 febbraio 2019

Stefano Forte. Il capitano si racconta come allenatore

Da giocatore a allenatore, Stefano Forte si racconta
La Forte? Un laboratorio di Sport e di vita!
Ho imparato il futsal dal più bravo! E sono fortunato ad averlo in casa

di
Marco Giustinelli

Un capitano vero, un giocatore che porta tatuata sulla pelle l'appartenenza a una società che, oltre a portare il suo nome, rappresenta un mondo dove sport, valori umani e appartenenza ad un territorio rappresentano i capisaldi di un modo di concepire la vita, ideale per un giovane calciatore che ha scelto di dedicarsi con tutte le sue forze al Calcio a cinque, tanto da sperimentarsi a soli 25 anni anche come tecnico.


Da giocatore a allenatore. Quali sono i motivi di questa scelta?
“Allenare mi è sempre piaciuto. È un modo diverso di mettermi alla prova. La panchina regala emozioni e energie totalmente diverse da quelle che sperimenti da giocatore.
E poi è un modo di sviluppare le mie idee di Calcio a Cinque e verificarle sul campo.
Una scelta che mi rende molto orgoglioso!!”

Cosa provi a far parte dello staff della Rappresentativa?
“Ho vissuto per due volte, da giocatore, l’esperienza della Rappresentativa, avendo come tecnico Silvio Crisari, che all’epoca allenava la categoria Juniores. In quelle occasioni non siamo riusciti, nonostante le buone prestazioni della squadra, a centrare l’obiettivo Scudetto.
Ci riprovo adesso, da allenatore in seconda, a 25 anni, orgoglioso di essere nello staff di un tecnico come Paolo Forte che, indipendentemente dal rapporto di parentela, ritengo un allenatore tra i migliori in circolazione.”

Quanto ti aiuta essere anche giocatore, nel fare il tecnico?
“Una delle caratteristiche che tutti riconoscono nel “giocatore” Stefano Forte è l’intelligenza tattica.  Credo che questa sia la carta migliore che ho a disposizione quando mi tolgo gli scarpini e siedo in panchina. Saper leggere una gara, anche se da una diversa angolatura, è sicuramente un valore aggiunto per tutti coloro che si vogliono sperimentare da un punto di vista tecnico.”

A chi ti ispiri come allenatore e come giocatore?
“Come allenatore ho la fortuna di avere in casa il mio mentore che nel tempo mi ha aiutato nella mia formazione ovviamente umana, ma anche sportiva.
L’altro che mi piace in modo pazzesco è Bellarte.
Ma, se un domani dovessi formare il “mio“ staff, non potrei prescindere da un tecnico come Silvio Crisari, un vero leader e un autentico collante per qualsiasi gruppo. Lavorarci insieme sarebbe un sogno.
Da giocatore, invece, ho due idoli, Taborda e Alcaraz.”

Anche nel tuo club alleni giocatori di poco più giovani di te. E’ una difficoltà o un vantaggio?
“Sia l’una che l’altro. L’indubbio vantaggio è quello di riuscire a stabilire un rapporto empatico, conoscendo bene le dinamiche che vivono quotidianamente, da quelle scolastiche, a quelle comportamentali. E’ il segreto per poterli aiutare nei momenti di difficoltà e nelle loro piccole e grandi crisi personali che, evidentemente, si riflettono anche su quello che accade in campo e nello spogliatoio.
La difficoltà è principalmente quella di dover sudare di più per acquisire quella autorevolezza che una persona anagraficamente più matura, riesce ad ottenere con maggiore facilità.”

Allenare nel club di casa è una opportunità o un limite?
“La Forte Colleferro è un laboratorio sportivo di primissimo livello. Abbiamo avuto nel tempo la possibilità di lavorare con grandi professionisti del mondo del futsal, in primis Paolo Forte che ne è il punto di riferimento riconosciuto da tutti, e apprendere tantissimo da ciascuno di loro. Poi, allenare in casa, garantisce la serenità sia di poter apprendere dagli altri che sperimentare le tue idee e studiare nuove soluzioni, senza troppe pressioni.”

Saresti disposto a cambiare club, se ti fosse offerta la possibilità di allenare una prima squadra?
“Ancora il mio presente è quello di giocare e di giocare nella squadra che amo e quindi neanche ci penso. Tra una ventina d’anni ne riparliamo!”

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